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Posts Tagged ‘multa’

Cassazione, niente risarcimento se la buca si trova sulla strada di casa

Ancora una sentenza della Corte di Cassazione, in materia di insidie stradali, da cui emerge che non basta la presenza di una buca sulla strada per far scattare il diritto al risarcimento del danno.

Occorre infatti tenere conto anche dell’elemento soggettivo della prevedibilità di un’insidia.

Per questo se il dissesto si trova su una strada che il danneggiato conosce bene, questi è tenuto a prestare attenzione e non può addebitare alla pubblica amministrazione ciò che è dovuto alla propria disattenzione.

Inizialmente il Giudice di Pace aveva condannato l’ente pubblico al risarcimento del danno ma il verdetto veniva ribaltato in sede d’appello. Anche la Cassazione (ordinanza n. 13930/15 depositata oggi) ha confermato la decisione di secondo grado.

Insomma la caduta è attribuibile alla disattenzione della donna che conoscendo bene la strada in cui era presente la buca, avrebbe dovuto prestare attenzione ed evitarla.

La danneggiata aveva sostenuto che quella buca avesse i requisiti della cosiddetta “insidia o trabocchetto” ma per ottenere il risarcimento del danno, occorre anche considerare la possibilità che l’utente ha di evitarla.

Era infatti emerso nel corso del giudizio che l’infortunio era avvenuto in pieno giorno e nella strada in cui abitava e che quindi conosceva bene.

Proprio il fatto di conoscere le condizioni di dissesto della strada avrebbe dovuto indurre la danneggiata a prestare attenzione per evitare la buca che oltretutto aveva dimensioni tali da poter essere facilmente avvistata ed evitata.

Secondo la ricorrente la sentenza di appello “avrebbe errato nell’applicare l’art. 2051 cod. civ., sul rilievo che, essendo la strada dove la caduta è avvenuta inserita nel pieno centro cittadino di Ancona, sul Comune gravava il relativo obbligo di custodia; ed aggiunge che la sentenza avrebbe confuso le norme degli artt. 2043 e 2051 cod. civ., dimenticando che sul custode grava una responsabilità oggettiva”.

La Suprema corte però osserva che “a prescindere dall’inquadramento della fattispecie nell’una o nell’altra delle disposizioni appena richiamate, assume nella specie decisiva rilevanza il fatto che la sentenza impugnata ha attribuito la responsabilità del fatto dannoso ad esclusiva colpa” della danneggiata “riconducibile alla sua disattenzione nella circostanza della caduta”.

Nella sentenza la Cassazione richiama anche alcuni precedenti giurisprudenziali in cui si è riconosciuto che “ai fini di cui all’art. 2051 cod. civ., il caso fortuito può essere integrato anche dalla colpa del danneggiato, poiché la pericolosità della cosa – nella specie, il dissesto stradale – specie se nota o comunque facilmente rilevabile dal soggetto che entra in contatto con la stessa, impone un obbligo massimo di cautela, proprio poiché il pericolo è altamente prevedibile”.

Ed è proprio tale prevedibilità, conclude la Corte, che risulta “sufficiente ad escludere la responsabilità del custode anche ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. (sentenze 22 ottobre 2013, n. 23919, e 20 gennaio 2014, n. 999)”.

Tutor, il giudice di pace sentenzia: “Niente multa senza foto”

Senza l’immagine la notifica è incompleta. Sentenza del giudice di pace di Alessandria dopo una contestazione della stradale per un’infrazione sulla A26.

“Non c’è la prova”. Questa è stata la motivazione con cui è stato accolto ad Alessandria il ricorso di un’azienda per una multa subita da una sua auto di servizio sorpresa oltre il limite di velocità dal “tutor” sul tratto Genova-Alessandria-Gravellona Toce della A26. Questo porterà ad una nuova interpretazione della regola poichè non sarà più valida una multa per eccesso di velocità contestata tramite il sistema dei “Tutor”, le telecamere collocate in sequenza sull’autostrada che permettono di calcolare la velocità media di ogni auto, se nella notifica della polizia stradale non viene inviato il fotogramma della vettura in questione. Il giudice ha accolto le richieste degli avvocati difensori della ditta Giuseppe Maria Gallo e Francesca Meus che avevano sottolineato come in mancanza dell’invio dei rilievi fotografici mancava la prova della violazione. Il giudice di pace ha accolto questa motivazione annullando la sanzione.
Il Sistema Informativo per il controllo delle velocità (SICVE), più comunemente noto come tutor, è il primo sistema che permette di rilevare la velocità media dei veicoli su una tratta autostradale di lunghezza variabile: un sistema che si occupa di programmare l’attivazione e di accertare le violazioni del Codice della Strada. Sono tanti gli italiani che ogni giorno vengono multati per eccesso di velocità: eccessi di velocità contestati tramite il sistema dei “Tutor”, le telecamere collocate in sequenza sull’autostrada che permettono di calcolare la velocità media di ogni auto. Questo ricorso in parte rivoluziona il sistema dei “tutor”, costretti quindi a inviare anche il fotogramma dell’auto alla quale è stata calcolata una velocità media superiore a quanto indicato.

Dimostrazione di Equitalia che la raccomandata sia giusta.

Avete mai pensato quando vi è arrivata una cartella esattoriale di Equitalia di fare i “vaghi” e dire che nella busta non vi era nulla a riguardo? A me è capitato pensando di negare che nella busta ci sia la cartella da pagare.

Vi sto per dare una notiziona….si può fare!

Anche se la controparte è un soggetto con poteri pubblici come Equitalia lo si potrà fare “appigliandosi” a una sentenza appena emessa dalla Cassazione.

In buona sostanza, nel momento in cui viene aperto il plico raccomandato (il bustone bianco spedito da Equitalia) è presente solo il contribuente, nelle sue quattro mura, e nessun’altro. Dunque, che succede se questi sostituisce il contenuto della raccomandata con altra “carta straccia”? Certamente un comportamento fraudolento, ma difficile da dimostrare. E potrebbe sembrare incredibile che il suggerimento venga proprio dalla Suprema Corte che ha analizzato un caso di questo tipo.   Ne avevamo già parlato, qualche giorno fa, nell’articolo “Quando sono nulle le comunicazioni con raccomandata di Equitalia”, ma val la pena ribadire la questione, anche sotto diversi aspetti, per comprendere la portata di questa sentenza teoricamente giusta, ma, nella sostanza, con effetti dirompenti per le casse dell’Erario.

Cosa dice la Cassazione Nella sentenza appena citata si precisa che la spedizione effettuata da Equitalia non dà, di per sé, garanzia che nella busta vi fosse effettivamente la cartella di pagamento. Al contrario, nel caso di notifica della cartella esattoriale mediante l’invio diretto di una busta chiusa raccomandata postale, spetta al mittente (appunto Equitalia) fornire la dimostrazione del suo esatto contenuto qualora il destinatario lo contesti (ossia sostenga che nel plico vi fosse “dell’altro”). E questo, ovviamente, nell’ipotesi in cui Equitalia abbia conservato solo la cartolina di ricevimento. In caso di contestazione relativa al contenuto della busta spedita, l’onere della prova di detto contenuto spetta al mittente, anche quando si tratta del concessionario della riscossione che, come noto, benché soggetto privato, è dotato di poteri pubblici.   Dunque, detto in parole ancora più semplici, se il contribuente nega di avere ricevuto la cartella di pagamento inviata per posta, spetta a Equitalia dimostrare l’esatto contenuto del plico raccomandato.

Soluzioni? Una interpretazione di questo tipo – che, certamente, è astrattamente conforme al diritto – ha degli effetti pratici imprevisti: ossia una pioggia di ricorsi contro Equitalia, da parte di contribuenti che potrebbero sostenere, al solo fine di invertire l’onere della prova in giustizio (e sfruttare le maglie larghe dell’inefficienza dell’amministrazione), di non aver mai ricevuto il contenuto della cartella di pagamento.   In pratica, “appigliandosi” a questa sentenza, il destinatario di una raccomandata inviata in busta chiusa potrà sempre affermare di aver ricevuto una busta vuota o un atto diverso da quello notificato, invalidando, di fatto, la notifica.   In verità, soluzioni per lo Stato potrebbero esservene. Già solo l’utilizzo della notifica attraverso la Pec (la posta elettronica certificata) consentirebbe la certezza del contenuto del messaggio. Non solo. Anche a voler sfruttare i vecchi metodi cartacei, si potrebbe utilizzare la cosiddetta “raccomandata senza busta”: quella cioè dove il foglio della lettera è anche busta, perché piegata tre volte su sé stessa e, dopo essere stata spillata e compilata con l’indirizzo del destinatario (evidentemente su un lato bianco), viene affrancata, timbrata e spedita (per vedere come si fa, con le foto passo per passo, leggi: “Come spedire una raccomandata senza busta”). Ma a queste accortezze, almeno per ora, l’Agente per la riscossione non è ricorso…

Non ci si assume alcuna responsabilità su eventuali prove.

Multa nella cassetta della posta, controllate se….

1 – La notifica deve avvenire entro 150 giorni dall’accertamento dell’infrazione. La data “di partenza” si deduce dal timbro postale sulla “busta verde”; quella della violazione è sul verbale. Però, la regola dei 150 giorni non vale se, di recente, avete cambiato residenza senza comunicarlo al Comune: in questo caso, i tempi per l’invio si dilatano.

2 – I soggetti che possono effettuare una  notifica sono quattro: Vigili, messi comunali, ufficiali giudiziari, addetti di un ufficio postale. Controllate la “relata di notifica”: il documento deve riportare data, luogo, generalità del trasgressore e di chi invia la notifica; senza tutte queste informazioni, il verbale è nullo. Resta aperto il problema della notifica tramite società privata: la legge non è chiara. Ci sono giudici che non ritengono valida tale procedura, seguendo l’indirizzo della Cassazione (sentenze 20440/2006 e 10043/2008). Altri, invece, la reputano legittima.

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– La notifica va recapitata mediante consegna con qualunque servizio postale: alla residenza del trasgressore; ad altra persona nell’abitazione del destinatario, purché i due convivano; al portinaio; a un vicino di casa. La notifica può avvenire anche tramite deposito (in contemporanea alla raccomandata al destinatario): all’Ufficio contravvenzioni del Comune di residenza del trasgressore; oppure all’Ufficio postale, se il destinatario non è reperibile oppure se altre persone rifiutano
di ritirare al suo posto la notifica.

4 – Ci sono anche orari da rispettare: la notifica è nulla se eseguita prima delle 7 e dopo le 21; la domenica o nelle festività.

Se le regole per comunicarvi la multa non sono state rispettate, avete tempo 60 giorni dalla notifica per ricorrere al Giudice di pace: dev’essere quello della città dov’è avvenuta l’infrazione. La “vittoria” è molto probabile.

POTREBBE ANCHE ANDARE “PERSA” – Che succede se il portinaio perde la notifica o se qualcuno vi fa un dispetto prendendola dalla vostra cassetta delle lettere e la butta? Affinché ci siano più possibilità che riceviate la multa, la Corte costituzionale (sentenza 346/1998) stabilisce che, se il destinatario non ritira la multa, venga fatta una seconda notifica. Ovviamente, se “sparisce” anche questa, sarà difficile dimostrare di non averla ricevuta.

E SE VI CHIEDONO DI PAGARE UNA MULTA CHE NON AVETE MAI RICEVUTO? – Ecco un caso particolare: voi siete sicuri di non avere mai ricevuto una multa, e vi viene recapitata una cartella esattoriale in cui vi chiedono il doppio della sanzione originaria. Che fare? Controllate che non vi abbiano mai spedito la prima multa, recandovi all’ente verbalizzante (per esempio, il Comando dei Vigili) e chiedendo la prova dell’invio della sanzione. Se non la mostrano, fate ricorso al Giudice di pace.

Ricorso multa per divieto di sosta

Verbale senza numero civico? Può essere valido

17 ottobre 2011

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Pubblicato alle 15:56 in:
Se il vigile dimentica di indicare il numero civico nel verbale per divieto di sosta, la sanzione è valida purché l’agente abbia dato un’altra multa in un orario simile e all’altezza di un civico vicino. Lo ha stabilito di recente la Cassazione.

PIÙ DI UNA – Una multa per divieto di sosta può essere valida anche se non indica il numero civico della via: così ha deciso la Cassazione con sentenza 19902 del 29 settembre 2011 (depositata di recente). La sanzione vale se l’agente ha dato un’altra multa in un orario simile e all’altezza di un civico vicino: il luogo esatto dov’è avvenuta l’infrazione è desumibile dall’altra contravvenzione.

DOPPIA SCONFITTA – La vicenda nasce da un ricorso a un giudice di pace di qualche anno fa: un automobilista sosteneva che la vettura, nell’ora indicata nel verbale, fosse parcheggiata dove la sosta era consentita. Il giudice ha respinto il ricorso: un altro verbale (all’altezza di un civico vicino) prova che la macchina fosse in divieto. La Cassazione ha confermato la prima sentenza.

OCCHIO A RICORRERE – Prima di fare ricorso (vedi qui) contro un verbale per divieto di sosta privo di numero civico, bisognerà pensarci due volte. Le probabilità di vincere sono tanto più alte se accanto alla vostra auto non c’erano altre macchine in divieto, multate dai vigili.

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